Non - planning

….A molti interpreti del mondo contemporaneo lo spazio fisico appare “fluido”, un “tappeto” sul quale si muovono indisturbate le correnti calde che globalizzano l’economia e l’informazione; dove si dispongono liberamente le reti lunghe della comunicazione; dove scorrono intensi flussi di merci, uomini e idee.
Eppure, se ci guardiamo attorno, lo spazio della nostra vita quotidiana sembra destinato ad incresparsi tagliato da muri, recinti, soglie, ostacoli, confini giuridici, frontiere virtuali, aree specializzate, aree protette, invece che fluire liberamente. Il movimento dei nostri corpi assume sempre più la forma di una sequenza di “stop and go”, di un balletto di password. Ma questa proliferazione di confini non deve essere interpretata solo come una reazione al movimento fluido dei corpi e delle immagini , come una difesa di antiche identità.
I confini, infatti, non sono solo muri, non sono solo linee, sono dei sensori del mondo contemporaneo…
…Se cominciamo ad osservare con attenzione la moltitudine di confini che spezzetta la nostra vita e scheggia intere parti del pianeta, potremmo forse capire che i confini sono oggi dei “dispositivi” dinamici e tridimensionali , che pulsano delle energie e degli attriti che accompagnano, nel bene e nel male, la storia presente (Multiplicity-Border Device(s)).

La teoria del “Non-Plan” affronta i temi della condizione urbana contemporanea, caratterizzata da una realtà mobile, continuamente in mutazione, fluida,flessibile, incerta, contradditoria, e propone chiavi di lettura e riprogettazione della città e dell’arte.
I termini métapolis, ville générique, città diffusa, post-it city, atlanti eclettici, non-luogo, zona, non-plan, mutazione, molteplicità, incertezza, flessibilità, fluidità, sono oggi dominanti e concentrano l’attenzione sull’ecletticità del territorio e sull’abbattimento dell’idea gerarchica di centralità e confine.
Il rapporto tra individuo e spazio urbano si è trasformato e richiede una strategia di osservazione differente. Se il territorio è un intreccio di configurazioni sinuose e multiple sempre reversibili, così i punti di vista si intrecciano e il pensiero visivo diventa multiplo, abbandonando una visione sinottica che parte da un angolo di osservazione ottimale. Occorre uno sguardo eclettico per osservare un territorio eclettico - la città fisica, i suoi abitanti, e la città interiore della persona che osserva.
Dalla pittura, Patrizia Alemanno è approdata alla pittura digitale , creata con il pennello elettronico: qual è il confine tra corpo e ambiente? Tra spazio interiore e gli oggetti che ci circondano? Quanto la propria casa reca i segni e le impronte di chi ci abita? Sono poltrone, tende, tavolini o presenze umane e organiche? Sono ritratti di oggetti o di persone?
Nella sequenza lo spazio sembra lo stesso ma un attento sguardo coglie alcuni spostamenti di oggetti , di luce, di tagli, di proiezioni, di interno-esterno : c’è qualcuno? L’occhio diventa più attento, manca qualcosa? Sì, forse la definizione di utopia di Brecht , manca qualcosa….di cui abbiamo bisogno.
Spazio fisso, immateriale, mentale, memoria grafica di computer : ma, sembra chiedersi l’Alemanno, quando il proprio mondo interiore potrà assumere le stesse valenze chiare, quotidiane, certe, degli oggetti? Quando i confini tra corpo e mente potranno essere annullati? La mente , il pensiero, nella sua flessibilità, molteplicità e complessità, potrà mai assumere forme chiare, corporee, riconoscibili, iconiche , e non nel linguaggio verbale o scritto, ma in quello visivo?
Fotografia, computer e pittura sono i media di Maria Martinelli: diari di viaggio, foto scattate a Berlino, Dresda, Amsterdam, per cogliere soprattutto quello che il cervello e i sensi avevano registrato prima dello scatto e che il risultato fotografico non ci fornisce nella sua molteplicità, fluidità ,eterogeneità; la foto è già immagine morta (R.Barthes), è un presente-passato (W.Wenders). Come ridarle vita? Movimento-tracce di percorsi in tempi successivi; moltiplicazione-diverse copie dello stesso soggetto-altri modi di essere; ribaltamento-immagini capovolte-prospettive di osservazione diverse, altre; colori-fisicità e organicità contro l’immateriale della foto.
Pittura-pittura quella di Rossella Petronelli, brani di archeologia industriale, treni, rotaie, cantieri navali. Ma sempre ritagli, dettagli sottratti alla fotografia, ingranditi, dipinti minuziosamente. Ridurre, tagliare, diminuire, ma ,nello stesso tempo infittire il segno pittorico, togliergli gestualità ed emozionalità, raffreddarlo, vivisezionarlo, asciugarlo e moltiplicarlo. Tanto l’immagine proviene da un mondo meccanico , tecnologico, funzionale, tanto la rielaborazione pittorica è straniante e pone l’osservatore in una condizione di allontanamento da quel mondo , in uno stato di disagio interiore. La pittura allora segna il bordo, il confine, la soglia davanti alla quale lo sguardo si ferma per pensare le forme del consumo ,della tecnologia, dell’utile, del profitto.
La ricerca delle tre artiste che ho scelto ,si svolge, quindi , in un intreccio di linguaggi tra pittura, fotografia, grafica digitale, intorno al tema del non-luogo, intorno a quella zona di incertezza, non pianificabile, non-plan, dove la distinzione di tempo e spazio dell’era urbana si trasforma in spazi isotopici, eterotopici, e utopici, nell’idea che la riappropriazione del territorio appartiene anche ai nomadi, agli artisti e ai poeti nelle zone di fessura della città.


Mirella Casamassima